“Il nemico è sempre meno un esercito convenzionale e sempre più un’ entità informale, in una radicale indistinzione tra guerra interna e guerra esterna: guerriglieri urbani, formazioni “terroristiche”, ma anche raggruppamenti meno organizzati come quelli che emergono in situazioni insurrezionali. Il controllo preventivo e la repressione di eventuali sommosse o insurrezioni diventeranno viepiù prerogative dell’ esercito, che dovrà organizzare , pertanto, vere e proprie funzioni di polizia territoriale, nel mentre questultima si “paramilitarizza”. Oltre che controllare il territorio, l’ esercito sarà tenuto a svolgere attività di gestione della popolazione civile: gestione fisica (rifugiati, sfollati, ecc.) e gestione psicologica (controllo e monopolio delle informazioni, rapporti con le autorità locali, ma anche con tutte le realtà associative disposte a collaborare).
In questa prospettiva sarà necessario dotare le forze armate di un’ adeguata preparazione al conflitto urbano, per scongiurare la storica “incoercibilità” delle “forze ribelli” nella guerra asimmetrica. Al contempo, bisognerà abituare la gente a vedere i militari pattugliare le città, affinche nessuno, assuefatto e/o terrorizzato che sia, si azzardi più a muovere un dito (foss’anche il medio).
Stiamo andando verso uno “stato militarizzato”. Le truppe stanziate a Pianura come in via Padova (Milano) ci ricordano che il 2020 non è poi così distante”.
Da “Eserciti nelle strade. Alcune questioni intorno al rapporto NATO “Urban Operation in the Year 2020″”
tratto da “A chi sente il ticchettio”. Materiali dal convegno antimilitarista di Trento (2 maggio 2009). Edizioni “rompere le righe”, 2009.