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POTETE ELIMINARE ME E IL MIO PARTITO DALLA RIVOLUZIONE SOLAMENTE UCCIDENDOCI. Lettera aperta di Marija Spiridonova al comitato centrale del partito bolscevico

Russia 1917-1920. Poco tempo dopo la presa del potere da parte dei bolscevichi durante la rivoluzione del millenovecentodiciassette, molti e molte, fra anarchiche e membri del partito socialista rivoluzionario che avevano preso parte attiva alla rivoluzione, comprendono le tattiche politiche dei bolscevichi, si accorgono della deriva autoritaria che è in atto e del “tradimento della rivoluzione”. E c’è chi decide di passare all’azione.

Nel luglio 1917 avviene la rivolta contro la pace di Brest-Litovsk, che sancirà l’uscita della Russia dal primo macello mondiale, con pesantissime condizioni. La pace viene vista da molte come una sconfitta della rivoluzione e la sottomissione alla germania imperialista. I bolscevichi lamentano la debolezza dell’armata rossa e la sua netta inferiorità rispetto alle forze tedesche. Anarchici e socialiste ribattono: ma quale esercito, sarà il popolo a difendere la rivoluzione. La guerriglia diffusa, di casa in casa, di villaggio in villaggio, sarà ciò che attenderà le truppe tedesche in caso di invasione. l’ ambasciatore tedesco viene ucciso da terroristi socialisti.

Il venti giugno muore in un attentato il commissario del popolo per la stampa e la propaganda, il trenta agosto è la volta del capo della Ceka di Pietrogrado, la polizia segreta creata da Lenin per combattere i nemici del regime sovietico.

Il trenta agosto millenovecentodiciotto avviene anche un attentato a lenin, la socialista rivoluzionaria di sinistra Dora Kaplan gli spara tre colpi di pistola. Uno di questi lo raggiunge al collo. Lenin rimane alcuni giorni fra a vita e la morte ma alla fine sopravvive.

La reazione de regime agli attentati è durissima: La Ceka compie arresti, torture, esecuzioni e rappresaglie in tutto il paese. Nella sola Pietrogrado vengono uccisi non meno di cinquecento prigioniere. Dora Kaplan viene giustiziata con un colpo di pistola alla nuca in un garage del Cremlino.

Lenin muore nel millenovecentoventiquattro, paralizzato da una serie di ictus, probabilmente causati dal proiettile di Dora conficcato nel collo…

Marija Spiridonova nasce a Tambov il sedici ottobre milleottocentottantaquattro. Aderisce sedicenne al partito socialista rivoluzionario. Durante la rivoluzione del millenovecentocinque i contadini di Tambov insorgono, organizzando alcuni scioperi. Il governatore, Gavril Luzenovskij, reprime brutalmente la rivolta, uccidendo numerosi contadini e costringendone altri a rimanere nudi per ore nella neve. Marija decide di vendicare i contadini e il sedici gennaio millenovecentosei, su un treno, spara e uccide il governatore Luzenovskij. Catturata dai cosacchi, viene brutalizzata, picchiata e chiusa in cella. Interrogata, torturata, viene violentata da soldati e sbirri. Marija non confessa nulla e non parla. Viene condannata a morte dal tribunale ma, dopo avere atteso per sedici giorni il momento dell’esecuzione, la sua pena viene commutata in esilio e ai lavori forzati a vita. Deportata in Siberia, trascorre undici anni in uno dei bagni penali più duri di tutta la Russia.

Poi nel millenovecentodiciasette avviene la rivoluzione, Marija viene liberata e torna a immergersi nella vita politica russa.

Con la rivoluzione d’ottobre, Marija e il suo partito si schierano a fianco dei bolscevichi e prendono parte attiva alla formazione dei soviet, ma presto si accorgono dello spropositato potere che i bolscevichi stanno accumulando e delle loro politiche reazionarie nei confronti delle masse contadine. Marija, che nel frattempo ha assunto cariche importanti all’interno del governo si rende conto di essere complice di un sistema autoritario e liberticida. Nel millenovecentodiciotto la pace di Brest-Litovsk dà fuoco alle polveri e tutte le divergenze tra comunisti e socialisti rivoluzionari tramutano in conflitto.

I socialisti (come parte delle anarchiche e anarchici) si oppongono alla pace, l’ambasciatore tedesco in Russia viene ucciso da due militanti socialisti rivoluzionari, il sei luglio. Il sette luglio organizzano un insurrezione contro i bolscevichi, in difesa della rivoluzione, e arrestano il capo della Ceka, la polizia politica. Marija Spiridonova è una delle anime di questa rivolta.

In pochi giorni la sollevazione viene repressa dai comunisti: la Ceka compie retate di arresti e tredici fucilazioni di membri del partito socialista rivoluzionario.

Marija viene arrestata e condannata a un anno di carcere. Viene amnistiata ma poi successivamente di nuovo incarcerata. Giudicata isterica e dichiarata “inferma di mente”, è internata in un manicomio. Da qui riesce a fuggire ed entra in clandestinità. In questo periodo la Spiridonova continua la sua attività politica e organizza congiure e attentati. Nel millenovecentoventi viene di nuovo arrestata e rinchiusa in un ospedale psichiatrico. Inizia uno sciopero della fame. La sua popolarità internazionale porta a una mobilitazione senza confini per la sua liberazione, ma anche se in un certo momento sembra che l’amnistia sia vicina, scoppia la rivolta di Kronstadt, e per ritorsione non viene più rilasciata. Nel millenovecentoventicinque viene esiliata a Samarcanda, poi a Ufa. Nel millenovecentotrentasette, durante le purghe staliniane, viene nuovamente arrestata insieme a membri del suo gruppo e inviata nella prigione di Orel. Dopo un suo sciopero della fame, messa in isolamento. L’undici settembre millenovecentoquarantuno viene giustiziata insieme ad altri centocinquanta prigionieri politici nella foresta di Mendeved.

 

 

Lettera aperta di Marija Spiridonova al Comitato centrale del partito bolscevico

Il 6 luglio [1918] mi sono presentata da voi volontariamente in modo che poteste avere un membro del nostro Comitato centrale in vostro potere, sul quale sfogare la vostra rabbia e da offrire come capro espiatorio alla Germania, […] per caso, per vostra scelta o per qualunque altra ragione, le cose sono andate in maniera diversa da come mi ero immaginata. La mia speranza era infatti di utilizzare come tribuna l’aula di tribunale in cui supponevo sarei stata condotta.

Nemmeno nei parlamenti più corrotti, nemmeno sui fogli più beceri della società capitalista, gli oppositori sono trattati con un cinismo pari al vostro. E questo vostro odio è diretto verso un gruppo di socialisti, tra i vostri più stretti compagni e alleati, che se hanno indubbiamente mancato di lealtà verso l’imperialismo della Germania, di certo non hanno mancato di lealtà nei confronti della Rivoluzione e dell’Internazionale.

La Ceka ha ucciso alcuni militanti SR [socialisti rivoluzionari] perché essi non intendevano tradire i propri compagni. Per esempio a Kotel’niki, dove sono stati uccisi due compagni, Machnov e Missuno, due membri del Comitato esecutivo centrale dei soviet. Questi uomini erano talmente votati alla rivoluzione che erano già nate leggende intorno ai loro nomi: erano eroi sulle cui spalle noi abbiamo portato avanti, insieme a voi, la rivoluzione d’ottobre. Missuno ha pagato a caro prezzo il rifiuto di scavarsi la fossa. Machnov ha accettato a condizione che gli fosse concesso di parlare prima della sua esecuzione. Ha parlato e le sue ultime parole sono state: << Lunga vita alla rivoluzione socialista mondiale!>>. Quanti Missuno e quanti Machnov ci sono oggi nella Russia sovietica – eroi sconosciuti e senza nome!

Il vostro partito si è assunto compiti importanti e ha iniziato ad assolverli con grande dedizione. La rivoluzione d’ottobre, durante la quale abbiamo marciato fianco a fianco, è destinata a vincere perché le sue basi e le sue parole d’ordine sono radicate nella realtà storica e sono solidamente sostenute dalle masse lavoratrici. Ma la politica che avete poi attuato si è risolta in un tradimento delle classi lavoratrici. Invece della socializzazione dell’industria, voi avete introdotto il capitalismo di Stato – uno Stato capitalista. Un sistema di sfruttamento coercitivo rimane in forza, con una minima differenza rispetto ala precedente ripartizione dei profitti. Dico <<minima>> perché i vostri innumerevoli funzionari si divoreranno tutto in maniera ben superiore a quanto faceva la borghesia.

Quello che voi offrite ai contadini, con una combinazione di forza e astuzia, è la nazionalizzazione della terra anziché la socializzazione della terra, che era stata decretata con soddisfazione generale al III Congresso dei soviet. E ora gli operai, per non morire di fame, marciano contro ai contadini per toglierli anche l’ultimo pezzo di pane. Sono stati così gettati i semi di un lacerante dissenso che contrapporrà due gruppi di fratelli una volta inseparabili, i contadini e gli operai, e che non scomparirà molto presto […].

E ora parliamo della vostra Ceka. In nome del proletariato avete spazzato via tutti i principi morali della nostra rivoluzione. Azioni che gridano vendetta sono state perpetrate dalle Ceka provinciali, dalle Ceka di tutta la Russia: un disprezzo assetato di sangue che ha colpito le anime e i corpi degli uomini, che ha inflitto tortura e tradimento, inganno e uccisioni, uccisioni senza fine, commesse senza un’indagine, solo sulla base di una denuncia, senza aspettare nessuna prova di colpevolezza […].

Finché il potere dei soviet si è retto sul coinvolgimento delle masse, Dzerzinskij [capo della Ceka] si è concesso solo poche, demoniache uccisioni – e solo dopo molte esitazioni e molti scrupoli morali. Ma quando Lenin è stato ferito da un colpo di arma da fuoco, migliaia di persone, arrestate alla cieca, sono state condannate a morte. In preda all’isteria, si è ucciso a destra e a manca, senza alcun criterio, senza una parvenza d’indagine, senza la minima ombra di giustificazione, e soprattutto senza alcuna considerazione per i principi morali.

Lenin si è salvato, e nessuna mano fanatica si potrà più alzare su di lui. Ma in questa catacomba di sacrifici espiatori lo spirito vitale ha abbandonato la Rivoluzione. Come sarebbe stato meglio per Lenin vivere nell’insicurezza ma preservare quello spirito vitale!

E non sarebbe stato meglio se voi, Vladimir Il’ic, con la vostra grande intelligenza e la vostra abnegazione, aveste mostrato pietà per Dora Kaplan? Una pietà che si sarebbe rivelata incalcolabile in questo tempo di delirio e rabbia, in cui non si percepisce altro che digrignare di denti, in cui si è circondati da astio e paura, in cui non si coglie nemmeno il più piccolo accenno all’amore.

Questi assassinii notturni di persone incatenate, disarmate, indifese, questi spari segreti alla nuca, queste sepolture irriguardose di corpi privi di ogni indumento, queste esecuzioni frettolose talvolta accompagnate da lamenti che si alzano da una fossa comune – che tipo di terrorismo è questo?

In verità, tutto ciò non può essere chiamato terrorismo. Nel corso della storia rivoluzionaria della Russia il termine terrorismo non connotava meramente la rivincita e l’intimidazione (che erano anzi aspetti secondari). No, gli obbiettivi principali del terrorismo erano protestare contro la tirannia, risvegliare negli animi degli oppressi il senso del proprio valore, fortificare la coscienza di coloro che restavano in silenzio davanti alla sottomissione. Inoltre il terrorista accompagnava le sue azioni con il sacrificio volontario della sua libertà o della sua stessa vita. Soltanto in questo modo a me sembra che gli atti del terrorista rivoluzionario possano essere giustificati. Ma dove si possono trovare tali attitudini nella Ceka vigliacca, nella incredibile miseria morale dei suoi leader? […]

Le classi lavoratrici hanno sin qui portato avanti la rivoluzione sotto una incontaminata bandiera rossa, rossa del loro sangue. La loro autorità morale poggia sulle sofferenze patite per conseguire un più alto ideale di umanità. Credere nel socialismo vuol dire credere al contempo in un futuro migliore per l’umanità, vuol dire credere nella generosità, nella verità, nella bellezza, nel rifiuto di qualunque atto di sopraffazione, nella fratellanza mondiale. Ma ora voi avete corroso questo credo, che aveva infiammato gli animi fin nel profondo come mai era accaduto prima. Avete sì mostrato e dato al popolo un po’ di giustizia. Ma avete preso per voi un potere mostruoso e al pari del Gran Inquisitore avete assunto l’autorità assoluta sui corpi e le anime dei lavoratori. E quando il popolo ha iniziato a respingervi, l’avete messo in catene per contrastare una sedicente <<controrivoluzione>> in atto. Così ora mettete all’ordine del giorno della rivoluzione un processo contro di me e contro il Comitato centrale dei socialisti rivoluzionari. Ma io rifiuto la vostra giurisdizione, non vi accetto come tribunale che si arroga il diritto di giudicare le nostre idee. Non riconosco il vostro potere giuridico sui miei compagni o su di me. Se deve esserci un tribunale per giudicarci, io faccio appello all’internazionale a al verdetto della Storia.

Il tribunale che voi avete istituito è invece composto de membri del vostro stesso partito. E in nome della disciplina interna, un tale tribunale non potrà che applicare qualsiasi decisione venga presa dal partito. Ma verrà un tempo, forse non troppo lontano, in cui sorgerà all’interno del vostro partito un moto di protesta contro questa politica che soffoca lo spirito della rivoluzione. Una dura battaglia scuoterà il partito; i suoi leader corrotti, ebbri di potere, saranno deposti; ci sarà un’epurazione […]. Io non prenderò dunque parte al vostro processo farsa. Voi potete eliminare me e il mio partito dalla rivoluzione soltanto uccidendoci […].

Marija Spiridonova

novembre 1918