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Banalità di base sull’ antifascismo: urgenza, militanza e retorica

 

“Siamo tutti e tutte antifascisti/e!”

“Chi non lo ha mai urlato o quantomeno sentito nei cortei? Nessuno, credo. Suona bene, dà la carica, ci fa sentire parte di qualcosa, di qualcosa di forte e di giusto. Contro le barbarie di quel fascismo che ha ucciso, deportato, umiliato, torturato e imprigionato migliaia di persone. Certo, nessun dubbio. Il fascismo del ventennio o quello dei suoi più sinceri e attuali epigoni, bomber neri e svastiche sul petto, fa schifo un pò a tutti.

Proviamo però ad andare un pò oltre.

Accade che in alcuni periodi storici, nelle democrazie occidentali, dopo particolari tornate elettorali, le destre prendano il governo o raggiungano altre percentuali di voto. E’ già accaduto in passato, ora, nel duemiladiciotto, accade di nuovo. Distinguendosi per una maggiore sfacciataggine, un profilo meno istituzionale e più guascone, ammaliano i poveri, promettendo loro la grande rivalsa, continuando a confortare tutta via il capitale. Proclami, minaccie, volgarità fanno un ottima presa sulla cittadinanza e funzionano maggiormente rispetto a una politica più istituzionale e morigerata. Come i più attenti sanno bene, può accadere, come nel caso dell’ italia attuale, che portino avanti un iter di riforme che segue, di fatto, la stessa direzione dei governi precedenti; non uguali a questi certamente, ma poi non tanto diversi.

Ed è qui che accade il miracolo! Svegliati dopo un lungo letargo, gli animi più sensibili gridano allo scandalo! Chi, solo qualche mese prima, accettava senza batter ciglio le deportazioni di migranti, le torture nelle carceri, la violenza quotidiana nelle strade da parte delle forze dell’ ordine, i bombardamenti dell’ esercito oppure lo sfruttamento sul lavoro, si sente immediatamente chiamato in causa, si scopre sconvolto e indignata. ” la democrazia e i diritti sono in pericolo!” Si sente in giro. Maglietta rossa, arancino alla mano, inizia il gran carnevale: siamo tutti/e antifasciste/i! No, un momento, io no. Non sono antifascista. Se essere antifascista è questo, no grazie. Se essere antifascista vuol dire intervenire in difesa della democrazia, no, non lo sono. Se essere antifascista è stare al vostro fianco, a voi che una volta passato un Salvini o una LePen ritornerete al vostro posto miserabile, no grazie.

L’ antifascismo dell’ urgenza è però solo uno degli aspetti dell’ argomento, se ci si inoltra nella militanza, appare in tutto il uo splendore.

Come spesso accade, in determinati ambienti,la retorica la fa da padrona. C’ è una gran confusione in alcuni contesti; ci si avvicina alle lotte per tante ragioni, molte volte per un istinto di rabbia, per voler fare qualcosa contro lo scempio che ci circonda, tante volte per un banale vuoto e senso di appartenenza che nel ribellismo, nell’ estetica, nella musica trova la sua ragion d’ essere. Ma se si scava a fondo, se si va oltre, se si riesce a percepire la progettualità dei tanti gruppi e groppuscoli che animano i cortei, le attività di lotta e predicano l’ antagonismo, si comprende bene il significato ultimo delle cose. L’ antifascismo è un cappello retorico che regge un certo mondo. Un mondo che si basa sull’ autoritarismo, la gerarchia e la verticalità decisionale. Concetti chiari ed evidenti, presupposti imprescindibili proprio del tanto vituperato argomento in questione. Così la citata parola magica è fumo negli occhi, per chi, magari, dovesse realmente ragionare sull’ argomento. Una possibile trappola per chi, senza pregiudizi, si ribella all’ autorità, anche a quella militante, in un incessante e crescente deiderio di libertà.

“E suvvia, siamo tutti/e antifasciste/i.” Io no, non sono un antifascista. Se antifascismo è strategia politica, è strumento per lo sviluppo del contropotere, se è pedina tattica usata per la manipolazione e la crescita politica, se è la versione rossa, bianca, grigia o nera di forme autoritarie…no, non lo sono. E soprattutto devo stare bene attento all’ antifascista che, in tante situazioni, mi ritrovo a fianco.

Inoltre…

Se lo stato italiano si dice antifascista, se la costituzione è antifascista, io non sono un antifascista.

Sarò certamente un nemico del fascismo, su questo non ho dubbi. Tuttavia sono anche un loro nemico, dello stato, della costituzione e della legge, si quella legge che proibisce il saluto romano. Sono anche nemico di chi accetta tutta la miseria che ci circonda e che si scandalizza non appena un ducetto, fra i tanti, diventa ministro e anche di chi con l’ antifascismo si vuole costruire il contropotere. E per affermarlo posso anche fare a meno di resuscitare le vicende della spagna degli anni trenta.

Antifascismo; questa parola è dunque vuota. Piaccia o non piaccia, di fatto antifascismo, ora come ora, significa poco o niente. Piaccia o non piaccia, questo termine ha una sua costruzione storica e retorica, una sua funzione di appiattimento del pensiero e delle possibilità rivoluzionarie, come forse, d’ altronde, lo è sempre stata. Uno slogan, con una banalità enfatica alla base; una semplificazione, una riduzione semantica. Una generalizzazione, insomma, almeno per quanto mi riguarda, indigeribile.”

Dall’ opuscolo “Contro l’ antifascismo Contro lo stato” duemiladiciotto.